Live report – Le Butcherettes @ Tunnel

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Concertone. Un’ora di adrenalina altissima con Le Butcherettes al Tunnel Club di Milano. La band messicana ha dato prova delle proprie potenzialità, nonché della sua recentissima evoluzione dovuta all’inserimento della batterista dai capelli turchini Alejandra Luna Robles che ha influito sul sound rendendolo molto più duro.

Teri Gender Bender e i suoi hanno infatti interpretato una selezione dei pezzi dei loro tre album riarrangiati quasi completamente.

La líder ha offerto un saggio della sua follia trascinando il pubblico con le sue performance meta-artistiche. Teri si è presentata sul palco con una tuta da meccanico sotto la quale non era difficile intravedere il suo consueto completo rosso che è diventato l’abito di scena dopo lo strip sulle note di Dress Off. Tra botte in testa con il microfono e nenie in spagnolo a metà tra canzoni per bambini e formule di macumba, Le Butcherettes hanno proposto i loro brani migliori dall’ultimo singolo My Mallely al primo Henry  Don’t Got Love.

Culmine della serata: Teri che passa sotto la transenna come in un’esibizione di limbo professionistico, mi scopa i piedi e balla con un paio di persone del pubblico durante una lunghissima versione di Leibniz Language.

E a fine concerto la nostra umilissima e sudatissima si è intrattenuta con gli spettatori concedendo baci, abbracci e foto nonostante, dal punto di vista dell’affluenza, la serata sarebbe potuta andare meglio.

Afterhours, Folfiri o Folfox parte dalla Feltrinelli di Milano

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Esce ufficialmente domani il nuovo lavoro degli Afterhours: l’atteso doppio con 18 brani e 1 ora e 20 di musica e liriche Folfiri o Folfox,  ma oggi la band milanese ha debuttato con il tour instore presso le Feltrinelli partendo da quella della propria città sita in piazza Piemonte.

Manuel Agnelli ha spiegato che l’album, fortemente segnato dalla morte di suo padre a causa del cancro, è stato un modo per espellere le tossine e per parlare di tematiche ancora tabù cosa che, a suo dire, solo una rock band può permettersi di fare nella società in cui viviamo. L’album, da quanto abbiamo potuto sentire, è molto vario; il violinista Rodrigo D’Erasmo ha spiegato che la composizione non è stata fatta attraverso jam, ma è stata più affine a quella della musica classica con scambi di idee (e file) da parte di tutti e la prima parte del lavoro in sala affidata proprio a lui, Agnelli e al nuovo batterista Fabio Rondanini. Gli After in fase compositiva si sono spesso trovati di fronte a delle scelte che frequentemente sono state essenzialmente di sottrazione, come ha detto Manuel elogiando più volte (a ragione) le qualità di tutti altri membri del gruppo. Nel disco infatti ci sono canzoni in cui qualcuno dei musicisti nemmeno suona. Folfiri o Folfox secondo il chitarrista “noise” Xabier Iriondo rappresenta tutte le sfaccettature della band condensate in un solo prodotto (considerazione che trovo molto azzeccata), il suo collega bassista “pop” Roberto Dell’Era ha fatto un intervento più scherzoso invitando tutti ad acquistare l’album e facendo da “spalla” ad Agnelli che ha sottolineato di non avergli fatto cantare neanche una nota in studio ma di averle cantate alte di proposito per metterlo in difficoltà nei live. Già in sintonia con la band il terzo chitarrista aggiunto Stefano Pilia.

Dopo le chiacchiere la musica con 5 pezzi: 4 nuovi, tra cui il singolone ‘Non voglio ritrovare il tuo nome’ e ‘Padania’ arrangiata bene da far paura.

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E per chiudere il classico firma copie.

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Live report, Layne Staley Italian Tribute 2016

Un sold-out nel nome di Layne Staley, leader di una delle band che nei Novanta hanno cambiato il mondo ma troppo fragile per sopportare il peso del mondo stesso.

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Layne se ne andò nel 2002, chiuso in se stesso e nella propria abitazione, un essere umano abbandonato prima dal suo unico sostegno (la sua fidanzata Demri scomparsa tragicamente sei anni prima) e poi da tutti gli altri (il suo corpo fu ritrovato a due settimane dalla morte). La cosa più vicina ad un essere senziente con cui poteva sfogarsi durante i suoi ultimi giorni era il celebre riccio protagonista del videogame Sonic.

Detto questo delle splendide persone in Italia continuano a rendere omaggio a quel ragazzo che, chissà, se le distanze temporali e geografiche fossero annullabili, forse avrebbero potuto salvare. Adesso da salvare ci sono centinaia di bambini l’anno che lottano contro la leucemia e gli organizzatori del Layne Staley Italian Tribute hanno voluto devolvere i fondi raccolti dalle due serate di questa edizione alla onlus ‘Quelli che con Luca’ che si batte per la ricerca legata a questa tremenda malattia.

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Al Blueshouse di Milano c’è stato spazio per tutto questo declinato in musica. L’evento organizzato da Alternative Grunge Crew e sostenuto dal Layne Staley Memorial Fund ha visto alternarsi sul palco quattro eccellenti tribute band.

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Ad aprire la serata gli Space Needle da Bologna protagonisti di una performance da Sturm Und Drang che hanno omaggiato principalmente i Mad Season, azzeccando in pieno la dedica a Layne della sua Wake Up, ma hanno anche proposto qualcosa degli Alice In Chains (vedi Love, Hate, Love).

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Dai progetti di Staley si è passati al sound dei Pearl Jam riproposto dai meneghini No Habits che hanno fatto cantare gli appassionati con hit come Alive.

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Quindi adrenalina a mille per l’esibizione dei Poottana Play For Money, tributo a un altro genio scomparso prematuramente: Kurt Cobain. La band ha proposto alcuni pezzi dei Nirvana come Aneurysm, Breed, School, Rape Me,  About A Girl,  Come As You Are per culminare con Teen Spirit.

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A chiudere la serata i Love Hate Love da Pavia, tribute degli Alice In Chains, che hanno voluto ricordare Layne con brani come Angry ChairDown In A Hole, Rooster, DirtWould?.

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La sesta edizione del Layne Staley Italian Tribute è stata un successo: un tutto esaurito che fa ben sperare sia dal punto di vista musicale sia da quello umano (da non dimenticare la raccolta fondi per la lotta alla leucemia infantile).

 

 

 

Live report, Le Butcherettes @ Fabrique – Milano

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¡Viva México! ¡Viva Le Butcherettes!

In completo rojo la band capitanata da Teri Gender Bender ha infiammato il Fabrique di Milano con 50 minuti di adrenalina che hanno battuto la strada alla storica esibizione degli At The Drive In (bravi, simpatici, ma il sottoscritto non era là per loro, non mi toccano l’anima c’è poco da fare).

Dai pezzoni del primo disco Sin Sin Sin (‘Leibniz Language’, ‘I’m Getting Sick Of You’, ‘Henry Don’t Got Love’) sino a quelli dell’ultima fatica A Raw Youth (‘They Fuck You Over’, ‘La Uva’,  ‘Witchless C Spot’) la band ha dato un gran saggio di ciò che sa fare tra synth e chitarre elettriche che frullano insieme gli Ottanta e i Novanta.

Qua uno spezzone di ‘Witchless C Spot’:

 

 

Eccezionale Teri Gender Bender che ha tenuto il palco con movenze da tarantola messicana, strabuzzando gli occhi come una folle con maestria e dandosi qualche pugno in faccia presa dalla performance.

Le Butcherettes hanno fatto colpo anche su coloro che non erano lì per loro che hanno dimostrato apprezzamento, mentre il sottoscritto è stato coinvolto in un momento punk di metaspettacolo a distanza quando la leader del gruppo ha proposto il tema di ‘Henry Don’t Got Love’ con la voce e non con la chitarra (“Ta ta ta ta ta ta ta ta ta” lasciandomi per tutta la durata del brano il “Ta ta ta ta ta ta”), okay, per capirla dovete ascoltarvela (e non è un male):

 

Dopo lo show Teri (o Teresa, come mi ha detto) è corsa ad abbracciarmi, abbiamo parlato un po’ in spagnolo, mi ha detto che a settembre torneranno in Italia ma non ricorda dove e, umilmente, è andata ad aiutare a smontare.

Live Report – IlNero, Hard Rock Cafè Firenze

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Accolto da applausi calorosi, sinceri e liberatori Gianluigi Cavallo alias Cabo è tornato ufficialmente sulle scene con la sua nuova (e ottima) band IlNero. L’occasione la presentazione del disco ‘E=MC2 – Essenza di Macchina Cuore/Cervello’ all’Hard Rock Cafè della sua città d’adozione Firenze.

Il rocker parmense è apparso in piena forma, come se non fossero passati quasi dieci anni dalla fine della sua parentesi litfibiana e dall’inizio della sua nuova vita imprenditoriale.

“È colpa vostra” ha detto al microfono con emozione riferendosi ai fan arrivati da tutta Italia per rivederlo sul palco, che in questi anni non hanno mai smesso di chiedergli il ritorno.

Il gruppo che, per non smentire il proprio nome, si è presentato abbigliato in total black ha mostrato entusiasmo e mestiere. Con Cabo che si è dedicato unicamente alla voce, lasciando le parti di chitarra al talentuoso solista Joe Nocerino e al proprio figlio Sebastiano che, al secondo concerto in carriera, ha tenuto il palco con carattere non facendosi sopraffare da un ampli in vena bizze.

Sotto il palcoscenico assieme ai fan, anche i tanti amici di Cabo e de IlNero, la sua compagna di vita e le altre tre figlie. Sì, perché, Gianluigi Cavallo è un papà rock che mette l’amore genitore-figlio al primo posto, come dimostra il plot del singolo ‘Cuore’ applaudito e cantato a squarciagola dal pubblico tanto da essere replicato nel bis.

Emozioni forti anche durante l’altro brano più noto del neonato gruppo ‘Soli ed unici’.

IlNero ha poi proposto due cover che fanno già parte del suo DNA: ‘Personal Jesus’ dei Depeche Mode (che trovate anche nell’album) rivista e corretta in chiave aggressive e ‘Heroes’ di David Bowie riletta invece in chiave soft che è ormai diventata l’inno del progetto nonché un ringraziamento a tutti coloro che lo sostengono con tanto affetto.

Un’ottima performance del gruppo e l’importante ritorno di una voce che ha dato e darà tanto al panorama rock nostrano sempre più povero di tali personalità. Ma è solo l’inizio!